FORUM : COME SI TRASFORMA L'AVVOCATO

Il Direttore intervista il Presidente della Cassa di Previdenza De Tilla, il Presidente dell'OUA Leonardi ed il Segretario dell'ANF Paparo
 

Il paradigma prevalente del professionalismo legale è sempre stato il c.d. modello del gladiatore. L’avvocato di successo è quello che meglio sa imporsi sugli avversari e l’esito positivo di una controversia viene comunemente definito in termini di vincita di una “battaglia legale”. E’ un modello che valorizza la competitività, il rigore intellettuale e la durezza. Viene però da più parti auspicato un ripensamento del ruolo dell’avvocato che evolva da vincitore di conflitti a risolutore di problemi, e ciò per far fronte alle crescenti richieste di altre capacità come quella di mediazione, di pianificazione, di informalità, di agevolazione delle transazioni.

LEONARDI Il paradigma del gladiatore appartiene alla mitologia delle immagini televisive ( e letterarie ) e ad una certa visione della giustizia che viene proposta dall’informazione. La drammatizzazione è un modo consueto nel nostro paese di rappresentare qualunque conflitto, per un vizio ideologico antico e per una carenza culturale che è propria di ogni forma di intolleranza. Tutto è battaglia: il confronto politico, la cura medica, l’avvenimento sportivo. E forse non è neanche vero che la “battaglia” valorizzi la competitività, il rigore intellettuale e la durezza. I modelli conflittuali sono prodotti sociali complessi, in parte reali ed in parte simbolici, con i quali gli avvocati ( come ogni altro professionista che opera in relazione ai conflitti ) si misurano nell’esercizio della loro attività.- Una società, che colloca al centro del modello produttivo il mercato globale e cioè una durissima competizione  dalle regole assai fragili,  con una mobilità estrema di ogni risorsa, funzionalizza l’insicurezza individuale e sociale ed estende di conseguenza il conflitto che assume un grande valore simbolico. Viviamo in una fase di transizione, che vede il progressivo indebolimento delle politiche e delle istituzioni dello stato sociale, nel quale grandi gruppi organizzati e istituzionalizzati mediavano l’allocazione delle risorse, attraverso le leve delle politiche fiscali, dell’intervento pubblico nell’economia e delle politiche sociali,  ed è evidente che cresce la preoccupazione per l’estendersi di una conflittualità che ha immediati riflessi sull’organizzazione e sul funzionamento della giustizia.- Trae alimento da questo stato di cose la generica, e probabilmente illusoria, aspirazione al diritto dolce, alla soluzione conciliativa dei conflitti, alla figura del mediatore che viene individuata negli avvocati ( ma non solo ).- E’ difficile tuttavia immaginare come possa tradursi in realtà nelle pratiche dell’inesorabile conflitto mercantile, ovvero nelle tensioni implacabili delle periferie periurbane, la missione del conciliatore di conflitti. Solo per richiamare un episodio, anche agli albori del seicento, in un tempo di cambiamenti sociali di grande rilievo, nella curia pontificia si ebbe un confronto aspro, ed in parte sconosciuto, tra i fautori della confessione ( i conciliatori di allora ) e quanti vedevano nell’inquisizione lo strumento per sottoporre a controllo fenomeni di rottura dell’ordinamento cattolico romano.- Ed è noto chi prevalse.-
DE TILLA La recente indagine svolta dal Censis su incarico della Cassa forense ha evidenziato che il 42% dei colleghi intervistati si considera un libero professionista come gli altri e addirittura il 5,5% in una logica ancor più imprenditoriale della professione, si percepisce come un operatore economico che si muove all’interno delle logiche di mercato. All’opposto, vi è una larga schiera di avvocati che invece attribuisce al proprio ruolo carattere sociale: il 21,7% si considera un soggetto che fa parte del sistema giudiziario e ne assicura l buon funzionamento; il 21,2% un soggetto che affianca e tutela i cittadini nella difesa dei loro interessi ed infine il 5,2% un soggetto che può contribuire a ridurre la conflittualità giudiziale del sistema. In altri termini, dai riportati dati emergono due immagini diverse e in parte opposte dell’avvocato: l’una, di servente nei confronti degli interessi del proprio cliente (per la quale il successo nel processo costituisce la massima espressione dell’attività forense); l’altra, di garante nei confronti della collettività, del corretto funzionamento del sistema della giustizia (per la quale il professionista assume compiti più ampi di regolatore e risolutore di conflitti).
PAPARO L’aumento sempre crescente del numero di avvocati che operano in un contesto organizzativo, all’interno dell’impresa o di enti non profit, o che si occupino di quella particolarissima forma organizzativa che è la famiglia, fornisce una grande spinta alla riconfigurazione del modello professionale dell’avvocato. Nasce infatti, con riguardo a queste ipotesi, l’esigenza di superare la definizione dei problemi solo in termini di violazione o meno delle norme, inquadrandoli piuttosto nel contesto organizzativo, in relazione ai bisogni, agli interessi, agli obiettivi dell’organizzazione stessa. L’attività dell’avvocato non è allora focalizzata solo sulla “vittoria” della causa, ma sulla ricerca di modi di utilizzazione del diritto e delle procedure per raggiungere risultati utili e realizzabili, e per influenzare l’adeguamento delle prassi organizzative alle regole legali. Il diritto diviene qualcosa di più di un insieme di regole imposte dall’esterno per essere seguite, manipolate o disattese. L’avvocato aiuta a tradurre la norma di legge in linguaggio ed attività che hanno un senso per coloro che devono applicarle; deve far coincidere le norme di legge con altre norme che hanno già un senso all’interno dell’organizzazione ( ad esempio la correttezza, il divieto di abusi di potere, la ricompensa del buon lavoro); tratta i problemi globalmente e strutturalmente piuttosto che caso per caso e formalisticamente; partecipa a strategie di pianificazione o progettazione di sistemi effettivi ed efficaci, senza operare una frattura fra le decisioni, le azioni e le scelte dei clienti e la “sfida” giudiziaria.E non è un caso che proprio nel mondo dell’impresa, oltre che in quello del diritto di famiglia, venga avvertita la maggiore propensione al ricorso ai sistemi alternativi di risoluzione dei conflitti, proprio per l’esigenza che accanto ad un avvocato “diverso” (che sappia perseguire il corretto riequilibrio degli interessi con un approccio al diritto più creativo e dinamico ) vi sia anche un giudice diverso, che, grazie a specifiche conoscenze, sappia meglio coniugare la realtà giuridica a quella dei fatti.

In un mondo sempre più centralizzato, interdisciplinare, in un mondo dall’economia e alla tecnologia reso sempre più globale, le tendenze nel mondo delle professioni sono quelle del superamento di confini organizzativi rigidi e della creazione di una classe professionale flessibile, che sappia collaborare costruttivamente con altri soggetti e che sia capace di un lavoro di squadra a tutti i livelli.

DE TILLA Non vi è alcun dubbio che l’ingresso in Europa e le direttive comunitarie rendano più agevole lo scambio di prestazioni professionali e la possibilità dell’esercizio professionale in Italia da parte di avvocati stranieri. Il che comporta la indeclinabile esigenza di “attrezzarsi” con una più efficiente organizzazione e con l'utilizzazione di forme di aggregazione ed associazione nei tipi societari che saranno stabiliti con legge.
PAPARO Di pari passo al cambiamento del contesto economico del mondo legale vengono alla ribalta problemi ancora non affrontati. In particolare le domande di economia e tecnologia globali  esigono professionisti non solo altamente preparati, ma dotati di flessibilità, che sappiano interagire  regolarmente con professioni diverse. 
In realtà il modello normativo tradizionale del professionalismo tiene ben saldo il concetto della competenza individuale, della supremazia ed autonomia del singolo, anche mentre muta l’ambiente in cui si gioca l’esercizio dei ruoli professionali. Così come l'esigenza di flessibilità e lavoro di squadra è contraddetto dalla attuale organizzazione degli studi legali, che hanno per la maggior parte in comune degli assunti ben evidenti: uffici stabili, gerarchie verticali, direzione centralizzata.
Ma la mappa dell'esercizio professionale, che fissa una corrispondenza tra competenze e segmenti di mercato professionale, viene continuamente ridisegnata dalla trasformazione dei rapporti sociali e dal progresso delle conoscenze. La flessibilità del mondo del lavoro ha un risvolto negativo: i confini fra gli spazi professionali divengono indeterminati e lo sconfinamento è inevitabile perché è il riflesso della incapacità di tutte le professioni a delimitare in modo stabile uno spazio caratterizzato da specifiche competenze.
Non è facile prevedere come si adatterà la professione legale al trend verso gruppi di lavoro interdisciplinari e collaborativi, anche se auspicabile sarebbe la definizione di una collaborazione potente, creativa, vitale e dinamica con il mondo del lavoro, degli affari, degli enti non profit. Non essendo escluso che il fondamento del professionalismo nel XXI secolo potrebbe essere costituito proprio dal portare abilità e prospettive diverse e facilitare giudizi informali ed azioni costruttive.
LEONARDI Il richiamo all’organizzazione complessa come un elemento della modernità è proprio di un approccio economicistico. Secondo una certa visione della realtà sociale, l’attività professionale costituisce una frazione delle attività produttive di beni e servizi, che si scambiano sui mercati globali.- Perché il prodotto che si offre sul mercato sia adeguato e competitivo, è necessario che si organizzino imprese professionali multidisciplinari con l’impiego di tecnici interni all’area professionale di riferimento e di aree professionali contigue, con stabilimenti nelle aree di mercato più interessanti o più interessate. La riorganizzazione è in atto ed è, avuto riguardo ai settori interessati, in grande misura inevitabile. Il fenomeno deve essere osservato senza inutili demonizzazioni, inquadrato in una prospettiva più ampia e regolato di conseguenza. Occorre preliminarmente precisare che vi sono interi settori della consulenza ed assistenza giuridica che sfuggono ai principi richiamati, nell’ambito del diritto penale innanzitutto, ma anche in numerosi altri settori. Ed ancora è necessario considerare che non tutta la committenza è assimilabile alla grande impresa, basti considerare il rilevante numero di studi legali “semplici” che operano negli Stati Uniti, e che non tutte le aree demografiche sono simili. Le regole professionali devono tenere nel debito conto dell’articolazione e della flessibilità che sono oggi necessarie, anche in ragione della fragilità del modello economico (molti analisti paventano una crisi, anche molto grave, del capitalismo finanziario dominante) e della domanda differenziata di assistenza professionale che viene dalla società.- In questo ambito certamente una migliore qualificazione professionale ed una maggiore attitudine ad operare in gruppi appare un utile obiettivo da perseguire.-

Che valore ha l’esperienza professionale in un contesto in cui il volume di dati ed informazioni è di proporzioni imponenti e cambia assai rapidamente?

PAPARO Il rapporto del professionista con il tempo risulta oggi profondamente mutato. Si sono accorciati i tempi che i giovani sono disposti ad investire per la preparazione professionale, così come i tempi che si ritengono necessari per consolidare il proprio status. Le conoscenze richieste  risultano modificate rapidamente con il conseguente ridimensionamento del valore dell’esperienza, a differenza che nel passato i modelli di comportamento dei professionisti non vengono più lentamente e faticosamente consolidati, ed anzi tende ad affermarsi uno stile di esercizio che sempre meno valuta la “ripetitività” .Questo ripropone però l’esigenza di rifondare la legittimazione professionale, sin’oggi dipendente da conoscenze gradualmente ed armonicamente consolidate.
LEONARDI  L’esperienza è uno dei modelli cognitivi propri dell’attività umana ed è ancora di grande importanza nell’attività professionale, che ha una rilevante base intellettuale.- L’aumento dell’informazione comporta soltanto una riorganizzazione dei sistemi complessivi della conoscenza, di cui l’esperienza fa parte. E’ avvenuto in altri periodi storici, per esempio con l’avvento della stampa.- Nessuno tuttavia può affermare che con la diffusione rivoluzionaria del libro e della stampa periodica sia venuto meno in generale il valore dell’esperienza. In campo giuridico quel cambiamento contribuì ad una elevazione generale dei giuristi pratici e della dottrina per la diffusione delle teorie e delle decisioni delle corti. Anche in quel caso si produsse quell’effetto di villaggio globale che va sotto il nome di comunità dei giuristi, che oggi viene indicato in ben altro contesto per la diffusione dell’informazione di massa.- L’esperienza professionale è legata al tempo nel quale si opera e non può che trarre vantaggio dalla crescita dell’informazione, pur nello sforzo di adeguamento che oggi appare particolarmente rilevante.
DE TILLA Certamente l’esperienza non può colmare le carenze di preparazione e di formazione, nonché la modernizzazione dell’esercizio professionale. Per tale ragione l’Avvocatura italiana è seriamente impegnata a sviluppare un programma di formazione obbligatoria nella fase del praticantato e in quella, anch’essa necessaria, di formazione permanente per tuta la durata dell’esercizio della professione di avvocato.
PAPARO Mi sembra che siano sotto gli occhi di tutti noi alcuni importanti fenomeni. Il primo è quello di una società iper-regolata, caratterizzata da una quantità di legislazione trasbordante, dalla proliferazione delle authority, anche come fonti normative, della necessità di conoscere leggi di altri paesi. E la iper-regolamentazione comporta una serie di problemi, amplificati dalla inadeguata pubblicità delle leggi. Il secondo è quello di galoppanti progressi nei sistemi di elaborazione di dati , e partitamente di prelievo, immagazzinamento, salvataggio e riproduzione di dati, cui non si accompagna una contemporanea applicazione in modo da migliorare i processi di apprendimento. Se è vero dunque che si enormemente ampliato il numero di persone che possono accedere ai dati legali e normativi, una volta patrimonio esclusivo del giurista, è però altrettanto vero che si tratta spesso di dati non strutturati, privi di riferimenti incrociati e di collegamenti agli altri documenti cui sono in relazione. L’avvocato smetterà di utilizzare la propria esperienza in modo reattivo, cioè intervenendo su specifiche richieste dei clienti o solo dopo l’instaurazione di una causa. Le abilità e le energie degli avvocati dovranno porre l’accento su un ruolo attivo, fornendo un aiuto indispensabile per analizzare, perfezionare e rendere usufruibili le masse di dati disponibili. Per usare una efficace definizione di Suskind, gli avvocati dovranno divenire “ingegneri dell’informazione legale”, con l’obiettivo di fornire informazioni utilizzabili dalla gente . E’ ingenuo credere che basti introdurre computer e tecnologie sofisticate per conseguire un’automatica conoscenza : la ricerca su banche dati, se assume il carattere di semplice raccolta di materiali informativi, non adeguatamente selezionati e interpretati criticamente, non può certo condurre alla identificazione di quantità di informazione con la conoscenza e la comprensione dei fenomeni in gioco.

Attualmente più del 30% degli avvocati sono di sesso feminile. Alcuni ritengono che le donne, portatrici di uno stile differente nell’attività giudiziale e spratutto nella consulenza e nelel trattative, modificheranno il ruolo dlel’avvocato. Altri ritengono più probabile che le donne, poiché cercano dall’esercizio della professione le medesime ricompense degli uomini, finiranno per integrarsi nei ruoli già esistenti.

DE TILLA Alcuni recenti dati statistici hanno confermato il crescente numero di avvocati-donna che è diretta conseguenza dell’incremento delle laureate. Una sola breve notazione: dall’indagine CENSIS è emerso riguardo al voto di laurea che le donne ottengono in media votazioni superiori rispetto ai maschi: il 23% delle praticanti si è laureata a pieni voti ed il 46,7% con voto compreso tra !00/110 e 109/110 contro i rispettivi 19,4% e 35,7% degli uomini. Non vi è, quindi, alcun dubbio che le donne finiranno per prevalere, rispetto agli uomini, sul piano della preparazione.
LEONARDI E’ difficile dare un giudizio sul ruolo delle donne nella professione di avvocato in Italia, perché ancora oggi questa professione si manifesta come essenzialmente maschile. E ciò malgrado vi sia stato un ingresso rilevante e progressivo di donne negli albi.- Analoga osservazione può essere svolta in parte per la magistratura e per l’università.- La divisione sociale dei ruoli, che costituisce l’essenza delle differenze di genere anche sotto l’aspetto più propriamente culturale, impone una enorme difficoltà alla donna che intenda accedere alla professione di avvocato di già negli anni decisivi della formazione e delle prime esperienze professionali.- Sarebbe assai utile conoscere l’area dell’abbandono nei primi dieci anni, e verificare per il prosieguo il rapporto in termini di titolarità di studio, rispetto alle iscrizioni ed alle successive riduzioni della presenza femminile.- Un aspetto poco conosciuto è poi relativo alla collocazione delle donne avvocato nell’ambito delle specializzazioni professionali, o comunque dell’area di attività prevalente.- Senza la conoscenza di alcuni dati di base non è legittimo avventurarsi in giudizi sulle modifiche che possono derivare negli stili professionali dalla presenza di un certo numero di donne.- Mi pare si possa dire che allo stato questa modifica è inavvertibile.-
PAPARO Le donne avvertono oggi un doppio problema . Se si conformano al modello prevalente, consolidato in un’epoca in cui la professione era esclusivamente maschile, vengono criticate per non essere adeguatamente “femminili”, ed anzi portatrici di una aggressività addirittura maggiore rispetto agli uomini. Se interpretano in modo differente il loro ruolo, più portato, come comunemente si ritiene, verso soluzioni di mediazione, vengono considerate non sufficientemente agguerrite  e preparate e, dunque, in ultima analisi, non in grado di fornire buone prestazioni. E’ comunque evidente che le donne hanno oggi un grande peso professionale anche in settori del diritto nel quale erano sino a qualche anno fa tradizionalmente emarginate, superando la vecchia concezione che le voleva impegnate solo nel campo del diritto di famiglia. Credo poi che, più ancora delle diverse caratteristiche “genetiche” delle donne, sarà la loro esigenza di contemperare la vita professionale con gli impegni familiari che introdurrà significativi cambiamenti nelle modalità di lavoro e nell’organizzazione degli studi.

Se ci viene un attacco di cuore ci guardiamo bene dal rivolgerci ad un ortopedico. Gli avvocati oggi possono autodefinirsi esperti di qualsiasi disciplina. Non sarebbe utile, se non necessaria, la definizione di aree di attività e la certificazione per coloro che possono praticare all’interno di dette aree?

PAPARO Una delle pretese principali che ha ogni professione, quella di un sapere specialistico non universalizzabile, è oggi costantemente messa in discussione non solo dalla rapidità delle innovazioni e dei cambiamenti , che vanificano continuamente le conoscenze acquisite , ma dalle esigenze di adeguamento professionale che portano ad un processo di parcellizzazione del lavoro. La soluzione di problemi concreti richiede sempre più spesso un incrocio di competenze addirittura  difficili da rinvenire nell’ambito di una stessa professione, il principio della generalità della conoscenza appare del tutto in crisi rispetto al moltiplicarsi di specifici profili professionali che interessano tutti gli aspetti della vita sociale. Se è vero che il professionista perché venga considerato dotato di adeguata preparazione debba possedere una certa misura di conoscenze generali tipiche della sua professione, è anche vero che, per assumere all’interno di tale professione una determinata collocazione, abbisogna di conoscenze particolari che definiscono la specificità del suo ruolo. Va però attentamente considerato che, di pari passo alla tendenza alla segmentazione del sapere professionale, vanno ripensate  le norme deontologiche, che divengono tanto più inefficaci quanto più difficile diviene il controllo degli effetti del lavoro specialistico al di fuori dell’angusta area dell’esplicito intervento professionale.
LEONARDI La specializzazione è certamente una necessità che deriva da molteplici fattori, ed è necessario non soltanto che sia certificata inizialmente, ma che la certificazione sia verificata nel tempo, per ragioni che è intuitivo comprendere. Il tema della capacità tecnica, soprattutto nella professione di avvocato, solleva tuttavia un complesso problema, e cioè il rapporto che corre tra la padronanza delle tecniche giuridiche e la qualità complessiva della cultura giuridica che il professionista deve avere.- Con l’avvento del tecnicismo giuridico positivista la cultura giuridica accademica si è staccata da altre discipline, ritenute in precedenza indispensabili alla formazione del giurista. Oggi è forse necessario un ripensamento complessivo dei processi di formazione professionale, che rompano l’isolamento del giurista e ricollochino il sapere tecnico in una cultura più universale.
DE TILLA Certamente il futuro della professione di avvocato è legato alla ricerca di specifici campi di esercizio professionale ed al conseguimento di specializzazioni con titoli abilitativi. Vi è però da precisare che l’attività forense presuppone una preparazione di base, anche sul piano culturale, piuttosto vasta in cui innestare saperi specifici ed articolati.

Negli USA, a causa della crescente importanza della tecnologia, viene ipotizzato che lo studio legale del futuro abbia solo alcuni “veri” avvocati per trattare le questioni più complesse, mentre tutto il lavoro di routine verrebbe eseguito da paralegali e personale esecutivo

DE TILLA La professione legale in USA è molto diversa dalla nostra: gli studi legali americani con migliaia di avvocati e dipendenti abbracciano tutti i settori di attività e non distinguono funzioni per noi sconosciute (ed incompatibili) anche di tipo imprenditoriale. Il grande studio statunitense è una vera e propria impresa nella quale l’attività di consulenza si confonde con le gestioni ed amministrazioni patrimoniali e finanziarie
LEONARDI Nell’ambito di organizzazioni complesse, si può ipotizzare una diversità di ruoli all’interno degli studi professionali, che abbiano la necessità di una tale struttura organizzativa. Un tempo nell’ambito di studi professionali di un certo livello non vi erano soltanto i procuratori, dedicati all’attività di udienza, ma anche i “comparsisti” che preparavano ricerche e scritti e che sovente non erano laureati.- Non sempre gli americani hanno inventato proprio tutto.-
PAPARO In effetti non è estranea alla nostra tradizione la figura del professionista , che, per abilità e fama,  funge da richiamo per la clientela, e si riserva il nucleo più importante delle prestazioni, avvalendosi dell'operato di collaboratori in misura assai rilevante. Il rischio è però che , in una situazione di oggettivo sovradimensionamento di coloro che aspirano ad accedere alla professione, si crei una sorta di mondo subprofessionale , che potrebbe avere effetti destabilizzanti sugli assetti etici ed economici.

Quale dev’essere il ruolo dell’Università e delle scuole forensi nel contribuire alla ridefinizione di un nuovo modello per la professione legale?

LEONARDI La domanda è particolarmente complessa se si vuole rispondere con serietà. Bisognerebbe infatti definire quel nuovo modello di professione legale, cui si fa riferimento, e che appare di assai dubbia caratterizzazione in questa fase.- Se infatti il modello è quello dell’avvocato che svolge consulenza ed assistenza per le imprese che operano sul mercato, con una organizzazione di studio multinazionale, occorrerebbe avere una università a numero chiuso e scuole professionali di altissima qualificazione.- Ed a valle è altresì indispensabile garantire che l’investimento sociale  che viene operato su ciascun soggetto abbia una corretta prospettiva sul mercato professionale.- Se invece il modello è quello dell’avvocato che svolge la mediazione conciliativa nelle realtà periurbane, o che opera in campi assai diversi e distanti da quello richiamato, probabilmente lo standard della formazione professionale potrà (dovrà ) essere diverso, sia avuto riguardo alla formazione universitaria che a quella professionalizzante.- La incertezza che domina il tema della formazione e conseguentemente quello dell’accesso, caratterizzato dalla preoccupazione dei troppi avvocati, discende dalla mancanza di una seria analisi delle condizioni reali del mercato professionale attuale e potenziale, o se si vuole delle prospettive di utilizzo del professionismo legale, anche nel vasto orizzonte delle magistrature paraprofessionali, che si vanno imponendo.- Si cade così in un vizio tipico del nostro paese, nel quale la prospettiva di riforma dell’università e delle stesse scuole professionali, viene proposta secondo modelli del tutto astratti che non sembrano avere molta attinenza con la realtà.-
DE TILLA Il modello francese attribuisce alle Università un ruolo di preparazione con particolari segnali verso le libere professioni e con corsi di preparazione finalizzati all’ingresso nelle scuole di formazione. Gli ordini forensi gestiscono, poi, la  formazione ed i tirocinio. In Italia si prefigurano modelli misti ed in parte impropri. L’università rimane affidata a studi teorici senza prestare attenzione all’orientamento professionale né alla propedeutica preparazione rivolta all’ingresso nel tirocinio professionale. L’Università assume, inoltre, un ruolo alternativo rispetto agli Ordini nella formazione professionale in parte (se non in tutto) sostitutiva della pratica forense. Basti considerare le carenze attuali (300.000 studenti in giurisprudenza, 18.000 laureati all’anno, mancanza di aule e di docenti, sovraffollamento delle Università metropolitane etc.) per rendersi conto della assoluta inidoneità di un progetto che affidi alla Università corsi di preparazione professionale. Ciò che già funziona male rischia di funzionare ancor peggio con le scuole di formazione forense (per avvocati, notai e giudici) affidate alle Università italiane.
PAPARO Due grossi ostacoli si frappongono, a mio avviso, ad un ruolo attivo ed incisivo delle Università in ordine al  rimodellamento delle caratteristiche professionali dell’avvocato: l’attuale assetto del rapporto tra teoria ed esperienza ed il ritardo verso le tecnologie del sapere. Nell’impostazione del sistema universitario il rapporto fra teoria ed esperienza è sempre stato di conflitto, risolto a vantaggio della teoria : l’applicazione pratica è proposta unicamente come esplicitazione del contenuto teorico o come artificio didattico per la sua migliore comprensione. Ma sappiamo che spesso le mediazioni offerte dalle astrazioni sono ingannevoli. Infatti, una cosa è il procedimento che genera astrazione attraverso l’esperienza, che produce teoria come momento di sintesi e riflessione, un’altra cosa è il processo che considera la teoria come anticipazione dell’esperienza e finisce così per fare dell’astrazione un sostituto del momento concreto ed esperienziale. A questo si aggiunga che nelle università il modello di trasmissione del sapere è fortemente individualizzato e centrato su modalità unidirezionali, impermeabili alle distinzioni tra linea di ricostruzione di idee  e acquisizione di strumenti operativi. Il mondo della formazione non solo è ancora in ritardo nell’utilizzare gli strumenti tecnologici come supporto per la trasmissione e l’acquisizione di conoscenze altrove formate ed organizzate, ma è del tutto insensibile al fenomeno degli strumenti tecnologici come produttori di nuove conoscenze, quelle conoscenze, cioè che proprio dal rapporto con la tecnologia acquistano un proprio assetto concettuale. 
Perché l’Università possa contribuire a ridisegnare il ruolo professionale dell’avvocato occorre prima che al suo interno il rapporto tra teoria ed esperienza acquisisca una maggiore complessità ed interdipendenza. Né convincono i progetti che con disinvoltura ripropongono all’interno del sistema formativo immagini mutuate dal mondo dell’impresa, ritenendo, piuttosto, utile recuperare la pratica di gruppi che si confrontino e costruiscano significati comuni, che socializzino le competenze ed i risultati raggiunti.

La frequenza degli scambi e delle transazioni internazionali e la realtà europea impongono all’avvocato di modificare il proprio linguaggio e le basi culturali. L’avvocato non solo deve essere in grado di spiegare ai clienti analogie e differenze giuridiche tra i vari paesi, ma può giocare un ruolo importante nell’opera creatrice di law making da parte della Corte  comunitaria. I frequenti riferimenti ai “principi comuni al diritto degli stati membri” rendono infatti il metodo comparativo come una vera e propria fonte di diritto, indispensabile per l’opera di armonizzazione e unificazione del diritto dei vari paesi.

PAPARO La storia europea ci dimostra che le epoche più gloriose della civiltà giuridica sono state caratterizzate dall’incontro e l’integrazione tra popoli e culture differenti e da una pluralità di fonti del diritto, e poiché il pluralismo delle fonti esige comparazione e controllo,  acquista un posto di primo piano la creatività degli operatori del diritto. Il diritto legislativo di fonte statuale ha ormai molti competitori, ma questo é un fenomeno che  non deve allarmare perché il diritto straniero e la comparazione costituiscono due dei più importanti strumenti per ottenere l’evoluzione del sistema. Tanto più quando si ricorre alla comparazione per lo sviluppo di quei valori e di quei principi che non afferiscono solo ad un singolo ordinamento, ma ad un insieme di culture giuridiche affini. Significativo il caso dello sviluppo dei diritti della personalità, o quello della creazione di una disciplina del commercio internazionale, o ancora la leadership che nel mondo contemporaneo ha conquistato l’Europa in materia di protezione transnazionale dei diritti fondamentali. E’ la stessa normativa italiana a prevedere che nell’interpretazione delle convenzioni internazionali in vigore per l’Italia si deve tener conto della esigenza della loro “applicazione uniforme”, imponendo dunque all’interprete di conoscere ed osservare la prassi applicativa degli altri paesi. La comparazione dunque acquista ben altro spessore venendo praticamente utilizzata in funzione interpretativa. Non si tratta più di assorbire norme straniere all’interno di categorie dogmatiche della nostra cultura giuridica, ma , all’opposto, si utilizzano i modelli stranieri come strumenti di interpretazione del diritto nazionale.
Se è vero che la funzione  giudiziaria, di cui gli avvocati sono parte integrante, acquista sempre più il ruolo di controllo del potere politico, e se è vero che la tendenza alla c.d. giustizia sociale a tutela di diritti disaggregati ci pone sempre più spesso di fronte a leggi “programmatiche”, le nuove generazioni di avvocati non potranno più essere semplicemente tecnici neutrali, ma veri e propri policy-makers, consapevoli dell’impatto economico e culturale che la loro azione ha sulla società.
LEONARDI La risposta alla domanda che viene formulata si può rinvenire nelle considerazioni che sono state fatte in precedenza.- La modifica delle fonti giuridiche che, anche, discende dalla collocazione del nostro paese all’interno dell’Unione Europea impongono una diversa formazione ed una specifica padronanza del diritto in vigore in ogni settore per tutti i professionisti. Altra cosa è invece lo sviluppo dell’attività professionale nel campo della legge mercatoria e nella produzione di regole negoziali e di tecniche di risoluzione dei conflitti che riguardano l’ambiente economico internazionale. E’ un impegno differenziato ed in ogni caso gravoso, per il quale  l’avvocatura italiana si sta attrezzando positivamente.-  
DE TILLA La conoscenza delle lingue e del diritto internazionale e comunitario dovrebbe segnare un ruolo fondamentale nei piani di studi universitari e nella formazione post-laurea. Il futuro è tutto qui. Ma non basta averne individuata la necessità. Occorre operare ed investire consistenti risorse economiche in questa direzione.