FORUM
: COME SI TRASFORMA L'AVVOCATO
Il Direttore intervista il Presidente della Cassa di Previdenza De Tilla,
il Presidente dell'OUA Leonardi ed il Segretario dell'ANF Paparo
Il paradigma prevalente del professionalismo legale è sempre
stato il c.d. modello del gladiatore. L’avvocato di successo è quello
che meglio sa imporsi sugli avversari e l’esito positivo di una controversia
viene comunemente definito in termini di vincita di una “battaglia legale”.
E’ un modello che valorizza la competitività, il rigore intellettuale
e la durezza. Viene però da più parti auspicato un ripensamento
del ruolo dell’avvocato che evolva da vincitore di conflitti a risolutore
di problemi, e ciò per far fronte alle crescenti richieste di altre
capacità come quella di mediazione, di pianificazione, di informalità,
di agevolazione delle transazioni.
LEONARDI Il paradigma del gladiatore appartiene alla mitologia
delle immagini televisive ( e letterarie ) e ad una certa visione della
giustizia che viene proposta dall’informazione. La drammatizzazione è
un modo consueto nel nostro paese di rappresentare qualunque conflitto,
per un vizio ideologico antico e per una carenza culturale che è
propria di ogni forma di intolleranza. Tutto è battaglia: il confronto
politico, la cura medica, l’avvenimento sportivo. E forse non è
neanche vero che la “battaglia” valorizzi la competitività, il rigore
intellettuale e la durezza. I modelli conflittuali sono prodotti sociali
complessi, in parte reali ed in parte simbolici, con i quali gli avvocati
( come ogni altro professionista che opera in relazione ai conflitti )
si misurano nell’esercizio della loro attività.- Una società,
che colloca al centro del modello produttivo il mercato globale e cioè
una durissima competizione dalle regole assai fragili, con
una mobilità estrema di ogni risorsa, funzionalizza l’insicurezza
individuale e sociale ed estende di conseguenza il conflitto che assume
un grande valore simbolico. Viviamo in una fase di transizione, che vede
il progressivo indebolimento delle politiche e delle istituzioni dello
stato sociale, nel quale grandi gruppi organizzati e istituzionalizzati
mediavano l’allocazione delle risorse, attraverso le leve delle politiche
fiscali, dell’intervento pubblico nell’economia e delle politiche sociali,
ed è evidente che cresce la preoccupazione per l’estendersi di una
conflittualità che ha immediati riflessi sull’organizzazione e sul
funzionamento della giustizia.- Trae alimento da questo stato di cose la
generica, e probabilmente illusoria, aspirazione al diritto dolce, alla
soluzione conciliativa dei conflitti, alla figura del mediatore che viene
individuata negli avvocati ( ma non solo ).- E’ difficile tuttavia immaginare
come possa tradursi in realtà nelle pratiche dell’inesorabile conflitto
mercantile, ovvero nelle tensioni implacabili delle periferie periurbane,
la missione del conciliatore di conflitti. Solo per richiamare un episodio,
anche agli albori del seicento, in un tempo di cambiamenti sociali di grande
rilievo, nella curia pontificia si ebbe un confronto aspro, ed in parte
sconosciuto, tra i fautori della confessione ( i conciliatori di allora
) e quanti vedevano nell’inquisizione lo strumento per sottoporre a controllo
fenomeni di rottura dell’ordinamento cattolico romano.- Ed è noto
chi prevalse.-
DE TILLA La recente indagine svolta dal Censis su incarico della
Cassa forense ha evidenziato che il 42% dei colleghi intervistati si considera
un libero professionista come gli altri e addirittura il 5,5% in una logica
ancor più imprenditoriale della professione, si percepisce come
un operatore economico che si muove all’interno delle logiche di mercato.
All’opposto, vi è una larga schiera di avvocati che invece attribuisce
al proprio ruolo carattere sociale: il 21,7% si considera un soggetto che
fa parte del sistema giudiziario e ne assicura l buon funzionamento; il
21,2% un soggetto che affianca e tutela i cittadini nella difesa dei loro
interessi ed infine il 5,2% un soggetto che può contribuire a ridurre
la conflittualità giudiziale del sistema. In altri termini, dai
riportati dati emergono due immagini diverse e in parte opposte dell’avvocato:
l’una, di servente nei confronti degli interessi del proprio cliente (per
la quale il successo nel processo costituisce la massima espressione dell’attività
forense); l’altra, di garante nei confronti della collettività,
del corretto funzionamento del sistema della giustizia (per la quale il
professionista assume compiti più ampi di regolatore e risolutore
di conflitti).
PAPARO L’aumento sempre crescente del numero di avvocati che
operano in un contesto organizzativo, all’interno dell’impresa o di enti
non profit, o che si occupino di quella particolarissima forma organizzativa
che è la famiglia, fornisce una grande spinta alla riconfigurazione
del modello professionale dell’avvocato. Nasce infatti, con riguardo a
queste ipotesi, l’esigenza di superare la definizione dei problemi solo
in termini di violazione o meno delle norme, inquadrandoli piuttosto nel
contesto organizzativo, in relazione ai bisogni, agli interessi, agli obiettivi
dell’organizzazione stessa. L’attività dell’avvocato non è
allora focalizzata solo sulla “vittoria” della causa, ma sulla ricerca
di modi di utilizzazione del diritto e delle procedure per raggiungere
risultati utili e realizzabili, e per influenzare l’adeguamento delle prassi
organizzative alle regole legali. Il diritto diviene qualcosa di più
di un insieme di regole imposte dall’esterno per essere seguite, manipolate
o disattese. L’avvocato aiuta a tradurre la norma di legge in linguaggio
ed attività che hanno un senso per coloro che devono applicarle;
deve far coincidere le norme di legge con altre norme che hanno già
un senso all’interno dell’organizzazione ( ad esempio la correttezza, il
divieto di abusi di potere, la ricompensa del buon lavoro); tratta i problemi
globalmente e strutturalmente piuttosto che caso per caso e formalisticamente;
partecipa a strategie di pianificazione o progettazione di sistemi effettivi
ed efficaci, senza operare una frattura fra le decisioni, le azioni e le
scelte dei clienti e la “sfida” giudiziaria.E non è un caso che
proprio nel mondo dell’impresa, oltre che in quello del diritto di famiglia,
venga avvertita la maggiore propensione al ricorso ai sistemi alternativi
di risoluzione dei conflitti, proprio per l’esigenza che accanto ad un
avvocato “diverso” (che sappia perseguire il corretto riequilibrio degli
interessi con un approccio al diritto più creativo e dinamico )
vi sia anche un giudice diverso, che, grazie a specifiche conoscenze, sappia
meglio coniugare la realtà giuridica a quella dei fatti.
In un mondo sempre più centralizzato, interdisciplinare, in
un mondo dall’economia e alla tecnologia reso sempre più globale,
le tendenze nel mondo delle professioni sono quelle del superamento di
confini organizzativi rigidi e della creazione di una classe professionale
flessibile, che sappia collaborare costruttivamente con altri soggetti
e che sia capace di un lavoro di squadra a tutti i livelli.
DE TILLA Non vi è alcun dubbio che l’ingresso in Europa
e le direttive comunitarie rendano più agevole lo scambio di prestazioni
professionali e la possibilità dell’esercizio professionale in Italia
da parte di avvocati stranieri. Il che comporta la indeclinabile esigenza
di “attrezzarsi” con una più efficiente organizzazione e con l'utilizzazione
di forme di aggregazione ed associazione nei tipi societari che saranno
stabiliti con legge.
PAPARO Di pari passo al cambiamento del contesto economico del
mondo legale vengono alla ribalta problemi ancora non affrontati. In particolare
le domande di economia e tecnologia globali esigono professionisti
non solo altamente preparati, ma dotati di flessibilità, che sappiano
interagire regolarmente con professioni diverse.
In realtà il modello normativo tradizionale del professionalismo
tiene ben saldo il concetto della competenza individuale, della supremazia
ed autonomia del singolo, anche mentre muta l’ambiente in cui si gioca
l’esercizio dei ruoli professionali. Così come l'esigenza di flessibilità
e lavoro di squadra è contraddetto dalla attuale organizzazione
degli studi legali, che hanno per la maggior parte in comune degli assunti
ben evidenti: uffici stabili, gerarchie verticali, direzione centralizzata.
Ma la mappa dell'esercizio professionale, che fissa una corrispondenza
tra competenze e segmenti di mercato professionale, viene continuamente
ridisegnata dalla trasformazione dei rapporti sociali e dal progresso delle
conoscenze. La flessibilità del mondo del lavoro ha un risvolto
negativo: i confini fra gli spazi professionali divengono indeterminati
e lo sconfinamento è inevitabile perché è il riflesso
della incapacità di tutte le professioni a delimitare in modo stabile
uno spazio caratterizzato da specifiche competenze.
Non è facile prevedere come si adatterà la professione
legale al trend verso gruppi di lavoro interdisciplinari e collaborativi,
anche se auspicabile sarebbe la definizione di una collaborazione potente,
creativa, vitale e dinamica con il mondo del lavoro, degli affari, degli
enti non profit. Non essendo escluso che il fondamento del professionalismo
nel XXI secolo potrebbe essere costituito proprio dal portare abilità
e prospettive diverse e facilitare giudizi informali ed azioni costruttive.
LEONARDI Il richiamo all’organizzazione complessa come un elemento
della modernità è proprio di un approccio economicistico.
Secondo una certa visione della realtà sociale, l’attività
professionale costituisce una frazione delle attività produttive
di beni e servizi, che si scambiano sui mercati globali.- Perché
il prodotto che si offre sul mercato sia adeguato e competitivo, è
necessario che si organizzino imprese professionali multidisciplinari con
l’impiego di tecnici interni all’area professionale di riferimento e di
aree professionali contigue, con stabilimenti nelle aree di mercato più
interessanti o più interessate. La riorganizzazione è in
atto ed è, avuto riguardo ai settori interessati, in grande misura
inevitabile. Il fenomeno deve essere osservato senza inutili demonizzazioni,
inquadrato in una prospettiva più ampia e regolato di conseguenza.
Occorre preliminarmente precisare che vi sono interi settori della consulenza
ed assistenza giuridica che sfuggono ai principi richiamati, nell’ambito
del diritto penale innanzitutto, ma anche in numerosi altri settori. Ed
ancora è necessario considerare che non tutta la committenza è
assimilabile alla grande impresa, basti considerare il rilevante numero
di studi legali “semplici” che operano negli Stati Uniti, e che non tutte
le aree demografiche sono simili. Le regole professionali devono tenere
nel debito conto dell’articolazione e della flessibilità che sono
oggi necessarie, anche in ragione della fragilità del modello economico
(molti analisti paventano una crisi, anche molto grave, del capitalismo
finanziario dominante) e della domanda differenziata di assistenza professionale
che viene dalla società.- In questo ambito certamente una migliore
qualificazione professionale ed una maggiore attitudine ad operare in gruppi
appare un utile obiettivo da perseguire.-
Che valore ha l’esperienza professionale in un contesto in cui il
volume di dati ed informazioni è di proporzioni imponenti e cambia
assai rapidamente?
PAPARO Il rapporto del professionista con il tempo risulta oggi
profondamente mutato. Si sono accorciati i tempi che i giovani sono disposti
ad investire per la preparazione professionale, così come i tempi
che si ritengono necessari per consolidare il proprio status. Le conoscenze
richieste risultano modificate rapidamente con il conseguente ridimensionamento
del valore dell’esperienza, a differenza che nel passato i modelli di comportamento
dei professionisti non vengono più lentamente e faticosamente consolidati,
ed anzi tende ad affermarsi uno stile di esercizio che sempre meno valuta
la “ripetitività” .Questo ripropone però l’esigenza di rifondare
la legittimazione professionale, sin’oggi dipendente da conoscenze gradualmente
ed armonicamente consolidate.
LEONARDI L’esperienza è uno dei modelli cognitivi
propri dell’attività umana ed è ancora di grande importanza
nell’attività professionale, che ha una rilevante base intellettuale.-
L’aumento dell’informazione comporta soltanto una riorganizzazione dei
sistemi complessivi della conoscenza, di cui l’esperienza fa parte. E’
avvenuto in altri periodi storici, per esempio con l’avvento della stampa.-
Nessuno tuttavia può affermare che con la diffusione rivoluzionaria
del libro e della stampa periodica sia venuto meno in generale il valore
dell’esperienza. In campo giuridico quel cambiamento contribuì ad
una elevazione generale dei giuristi pratici e della dottrina per la diffusione
delle teorie e delle decisioni delle corti. Anche in quel caso si produsse
quell’effetto di villaggio globale che va sotto il nome di comunità
dei giuristi, che oggi viene indicato in ben altro contesto per la diffusione
dell’informazione di massa.- L’esperienza professionale è legata
al tempo nel quale si opera e non può che trarre vantaggio dalla
crescita dell’informazione, pur nello sforzo di adeguamento che oggi appare
particolarmente rilevante.
DE TILLA Certamente l’esperienza non può colmare le carenze
di preparazione e di formazione, nonché la modernizzazione dell’esercizio
professionale. Per tale ragione l’Avvocatura italiana è seriamente
impegnata a sviluppare un programma di formazione obbligatoria nella fase
del praticantato e in quella, anch’essa necessaria, di formazione permanente
per tuta la durata dell’esercizio della professione di avvocato.
PAPARO Mi sembra che siano sotto gli occhi di tutti noi alcuni
importanti fenomeni. Il primo è quello di una società iper-regolata,
caratterizzata da una quantità di legislazione trasbordante, dalla
proliferazione delle authority, anche come fonti normative, della necessità
di conoscere leggi di altri paesi. E la iper-regolamentazione comporta
una serie di problemi, amplificati dalla inadeguata pubblicità delle
leggi. Il secondo è quello di galoppanti progressi nei sistemi di
elaborazione di dati , e partitamente di prelievo, immagazzinamento, salvataggio
e riproduzione di dati, cui non si accompagna una contemporanea applicazione
in modo da migliorare i processi di apprendimento. Se è vero dunque
che si enormemente ampliato il numero di persone che possono accedere ai
dati legali e normativi, una volta patrimonio esclusivo del giurista, è
però altrettanto vero che si tratta spesso di dati non strutturati,
privi di riferimenti incrociati e di collegamenti agli altri documenti
cui sono in relazione. L’avvocato smetterà di utilizzare la propria
esperienza in modo reattivo, cioè intervenendo su specifiche richieste
dei clienti o solo dopo l’instaurazione di una causa. Le abilità
e le energie degli avvocati dovranno porre l’accento su un ruolo attivo,
fornendo un aiuto indispensabile per analizzare, perfezionare e rendere
usufruibili le masse di dati disponibili. Per usare una efficace definizione
di Suskind, gli avvocati dovranno divenire “ingegneri dell’informazione
legale”, con l’obiettivo di fornire informazioni utilizzabili dalla gente
. E’ ingenuo credere che basti introdurre computer e tecnologie sofisticate
per conseguire un’automatica conoscenza : la ricerca su banche dati, se
assume il carattere di semplice raccolta di materiali informativi, non
adeguatamente selezionati e interpretati criticamente, non può certo
condurre alla identificazione di quantità di informazione con la
conoscenza e la comprensione dei fenomeni in gioco.
Attualmente più del 30% degli avvocati sono di sesso feminile.
Alcuni ritengono che le donne, portatrici di uno stile differente nell’attività
giudiziale e spratutto nella consulenza e nelel trattative, modificheranno
il ruolo dlel’avvocato. Altri ritengono più probabile che le donne,
poiché cercano dall’esercizio della professione le medesime ricompense
degli uomini, finiranno per integrarsi nei ruoli già esistenti.
DE TILLA Alcuni recenti dati statistici hanno confermato il crescente
numero di avvocati-donna che è diretta conseguenza dell’incremento
delle laureate. Una sola breve notazione: dall’indagine CENSIS è
emerso riguardo al voto di laurea che le donne ottengono in media votazioni
superiori rispetto ai maschi: il 23% delle praticanti si è laureata
a pieni voti ed il 46,7% con voto compreso tra !00/110 e 109/110 contro
i rispettivi 19,4% e 35,7% degli uomini. Non vi è, quindi, alcun
dubbio che le donne finiranno per prevalere, rispetto agli uomini, sul
piano della preparazione.
LEONARDI E’ difficile dare un giudizio sul ruolo delle donne
nella professione di avvocato in Italia, perché ancora oggi questa
professione si manifesta come essenzialmente maschile. E ciò malgrado
vi sia stato un ingresso rilevante e progressivo di donne negli albi.-
Analoga osservazione può essere svolta in parte per la magistratura
e per l’università.- La divisione sociale dei ruoli, che costituisce
l’essenza delle differenze di genere anche sotto l’aspetto più propriamente
culturale, impone una enorme difficoltà alla donna che intenda accedere
alla professione di avvocato di già negli anni decisivi della formazione
e delle prime esperienze professionali.- Sarebbe assai utile conoscere
l’area dell’abbandono nei primi dieci anni, e verificare per il prosieguo
il rapporto in termini di titolarità di studio, rispetto alle iscrizioni
ed alle successive riduzioni della presenza femminile.- Un aspetto poco
conosciuto è poi relativo alla collocazione delle donne avvocato
nell’ambito delle specializzazioni professionali, o comunque dell’area
di attività prevalente.- Senza la conoscenza di alcuni dati di base
non è legittimo avventurarsi in giudizi sulle modifiche che possono
derivare negli stili professionali dalla presenza di un certo numero di
donne.- Mi pare si possa dire che allo stato questa modifica è inavvertibile.-
PAPARO Le donne avvertono oggi un doppio problema . Se si conformano
al modello prevalente, consolidato in un’epoca in cui la professione era
esclusivamente maschile, vengono criticate per non essere adeguatamente
“femminili”, ed anzi portatrici di una aggressività addirittura
maggiore rispetto agli uomini. Se interpretano in modo differente il loro
ruolo, più portato, come comunemente si ritiene, verso soluzioni
di mediazione, vengono considerate non sufficientemente agguerrite
e preparate e, dunque, in ultima analisi, non in grado di fornire buone
prestazioni. E’ comunque evidente che le donne hanno oggi un grande peso
professionale anche in settori del diritto nel quale erano sino a qualche
anno fa tradizionalmente emarginate, superando la vecchia concezione che
le voleva impegnate solo nel campo del diritto di famiglia. Credo poi che,
più ancora delle diverse caratteristiche “genetiche” delle donne,
sarà la loro esigenza di contemperare la vita professionale con
gli impegni familiari che introdurrà significativi cambiamenti nelle
modalità di lavoro e nell’organizzazione degli studi.
Se ci viene un attacco di cuore ci guardiamo bene dal rivolgerci
ad un ortopedico. Gli avvocati oggi possono autodefinirsi esperti di qualsiasi
disciplina. Non sarebbe utile, se non necessaria, la definizione di aree
di attività e la certificazione per coloro che possono praticare
all’interno di dette aree?
PAPARO Una delle pretese principali che ha ogni professione,
quella di un sapere specialistico non universalizzabile, è oggi
costantemente messa in discussione non solo dalla rapidità delle
innovazioni e dei cambiamenti , che vanificano continuamente le conoscenze
acquisite , ma dalle esigenze di adeguamento professionale che portano
ad un processo di parcellizzazione del lavoro. La soluzione di problemi
concreti richiede sempre più spesso un incrocio di competenze addirittura
difficili da rinvenire nell’ambito di una stessa professione, il principio
della generalità della conoscenza appare del tutto in crisi rispetto
al moltiplicarsi di specifici profili professionali che interessano tutti
gli aspetti della vita sociale. Se è vero che il professionista
perché venga considerato dotato di adeguata preparazione debba possedere
una certa misura di conoscenze generali tipiche della sua professione,
è anche vero che, per assumere all’interno di tale professione una
determinata collocazione, abbisogna di conoscenze particolari che definiscono
la specificità del suo ruolo. Va però attentamente considerato
che, di pari passo alla tendenza alla segmentazione del sapere professionale,
vanno ripensate le norme deontologiche, che divengono tanto più
inefficaci quanto più difficile diviene il controllo degli effetti
del lavoro specialistico al di fuori dell’angusta area dell’esplicito intervento
professionale.
LEONARDI La specializzazione è certamente una necessità
che deriva da molteplici fattori, ed è necessario non soltanto che
sia certificata inizialmente, ma che la certificazione sia verificata nel
tempo, per ragioni che è intuitivo comprendere. Il tema della capacità
tecnica, soprattutto nella professione di avvocato, solleva tuttavia un
complesso problema, e cioè il rapporto che corre tra la padronanza
delle tecniche giuridiche e la qualità complessiva della cultura
giuridica che il professionista deve avere.- Con l’avvento del tecnicismo
giuridico positivista la cultura giuridica accademica si è staccata
da altre discipline, ritenute in precedenza indispensabili alla formazione
del giurista. Oggi è forse necessario un ripensamento complessivo
dei processi di formazione professionale, che rompano l’isolamento del
giurista e ricollochino il sapere tecnico in una cultura più universale.
DE TILLA Certamente il futuro della professione di avvocato
è legato alla ricerca di specifici campi di esercizio professionale
ed al conseguimento di specializzazioni con titoli abilitativi. Vi è
però da precisare che l’attività forense presuppone una preparazione
di base, anche sul piano culturale, piuttosto vasta in cui innestare saperi
specifici ed articolati.
Negli USA, a causa della crescente importanza della tecnologia, viene
ipotizzato che lo studio legale del futuro abbia solo alcuni “veri” avvocati
per trattare le questioni più complesse, mentre tutto il lavoro
di routine verrebbe eseguito da paralegali e personale esecutivo
DE TILLA La professione legale in USA è molto diversa
dalla nostra: gli studi legali americani con migliaia di avvocati e dipendenti
abbracciano tutti i settori di attività e non distinguono funzioni
per noi sconosciute (ed incompatibili) anche di tipo imprenditoriale. Il
grande studio statunitense è una vera e propria impresa nella quale
l’attività di consulenza si confonde con le gestioni ed amministrazioni
patrimoniali e finanziarie
LEONARDI Nell’ambito di organizzazioni complesse, si può
ipotizzare una diversità di ruoli all’interno degli studi professionali,
che abbiano la necessità di una tale struttura organizzativa. Un
tempo nell’ambito di studi professionali di un certo livello non vi erano
soltanto i procuratori, dedicati all’attività di udienza, ma anche
i “comparsisti” che preparavano ricerche e scritti e che sovente non erano
laureati.- Non sempre gli americani hanno inventato proprio tutto.-
PAPARO In effetti non è estranea alla nostra tradizione
la figura del professionista , che, per abilità e fama, funge
da richiamo per la clientela, e si riserva il nucleo più importante
delle prestazioni, avvalendosi dell'operato di collaboratori in misura
assai rilevante. Il rischio è però che , in una situazione
di oggettivo sovradimensionamento di coloro che aspirano ad accedere alla
professione, si crei una sorta di mondo subprofessionale , che potrebbe
avere effetti destabilizzanti sugli assetti etici ed economici.
Quale dev’essere il ruolo dell’Università e delle scuole forensi
nel contribuire alla ridefinizione di un nuovo modello per la professione
legale?
LEONARDI La domanda è particolarmente complessa se si
vuole rispondere con serietà. Bisognerebbe infatti definire quel
nuovo modello di professione legale, cui si fa riferimento, e che appare
di assai dubbia caratterizzazione in questa fase.- Se infatti il modello
è quello dell’avvocato che svolge consulenza ed assistenza per le
imprese che operano sul mercato, con una organizzazione di studio multinazionale,
occorrerebbe avere una università a numero chiuso e scuole professionali
di altissima qualificazione.- Ed a valle è altresì indispensabile
garantire che l’investimento sociale che viene operato su ciascun
soggetto abbia una corretta prospettiva sul mercato professionale.- Se
invece il modello è quello dell’avvocato che svolge la mediazione
conciliativa nelle realtà periurbane, o che opera in campi assai
diversi e distanti da quello richiamato, probabilmente lo standard della
formazione professionale potrà (dovrà ) essere diverso, sia
avuto riguardo alla formazione universitaria che a quella professionalizzante.-
La incertezza che domina il tema della formazione e conseguentemente quello
dell’accesso, caratterizzato dalla preoccupazione dei troppi avvocati,
discende dalla mancanza di una seria analisi delle condizioni reali del
mercato professionale attuale e potenziale, o se si vuole delle prospettive
di utilizzo del professionismo legale, anche nel vasto orizzonte delle
magistrature paraprofessionali, che si vanno imponendo.- Si cade così
in un vizio tipico del nostro paese, nel quale la prospettiva di riforma
dell’università e delle stesse scuole professionali, viene proposta
secondo modelli del tutto astratti che non sembrano avere molta attinenza
con la realtà.-
DE TILLA Il modello francese attribuisce alle Università
un ruolo di preparazione con particolari segnali verso le libere professioni
e con corsi di preparazione finalizzati all’ingresso nelle scuole di formazione.
Gli ordini forensi gestiscono, poi, la formazione ed i tirocinio.
In Italia si prefigurano modelli misti ed in parte impropri. L’università
rimane affidata a studi teorici senza prestare attenzione all’orientamento
professionale né alla propedeutica preparazione rivolta all’ingresso
nel tirocinio professionale. L’Università assume, inoltre, un ruolo
alternativo rispetto agli Ordini nella formazione professionale in parte
(se non in tutto) sostitutiva della pratica forense. Basti considerare
le carenze attuali (300.000 studenti in giurisprudenza, 18.000 laureati
all’anno, mancanza di aule e di docenti, sovraffollamento delle Università
metropolitane etc.) per rendersi conto della assoluta inidoneità
di un progetto che affidi alla Università corsi di preparazione
professionale. Ciò che già funziona male rischia di funzionare
ancor peggio con le scuole di formazione forense (per avvocati, notai e
giudici) affidate alle Università italiane.
PAPARO Due grossi ostacoli si frappongono, a mio avviso, ad
un ruolo attivo ed incisivo delle Università in ordine al
rimodellamento delle caratteristiche professionali dell’avvocato: l’attuale
assetto del rapporto tra teoria ed esperienza ed il ritardo verso le tecnologie
del sapere. Nell’impostazione del sistema universitario il rapporto fra
teoria ed esperienza è sempre stato di conflitto, risolto a vantaggio
della teoria : l’applicazione pratica è proposta unicamente come
esplicitazione del contenuto teorico o come artificio didattico per la
sua migliore comprensione. Ma sappiamo che spesso le mediazioni offerte
dalle astrazioni sono ingannevoli. Infatti, una cosa è il procedimento
che genera astrazione attraverso l’esperienza, che produce teoria come
momento di sintesi e riflessione, un’altra cosa è il processo che
considera la teoria come anticipazione dell’esperienza e finisce così
per fare dell’astrazione un sostituto del momento concreto ed esperienziale.
A questo si aggiunga che nelle università il modello di trasmissione
del sapere è fortemente individualizzato e centrato su modalità
unidirezionali, impermeabili alle distinzioni tra linea di ricostruzione
di idee e acquisizione di strumenti operativi. Il mondo della formazione
non solo è ancora in ritardo nell’utilizzare gli strumenti tecnologici
come supporto per la trasmissione e l’acquisizione di conoscenze altrove
formate ed organizzate, ma è del tutto insensibile al fenomeno degli
strumenti tecnologici come produttori di nuove conoscenze, quelle conoscenze,
cioè che proprio dal rapporto con la tecnologia acquistano un proprio
assetto concettuale.
Perché l’Università possa contribuire a ridisegnare il
ruolo professionale dell’avvocato occorre prima che al suo interno il rapporto
tra teoria ed esperienza acquisisca una maggiore complessità ed
interdipendenza. Né convincono i progetti che con disinvoltura ripropongono
all’interno del sistema formativo immagini mutuate dal mondo dell’impresa,
ritenendo, piuttosto, utile recuperare la pratica di gruppi che si confrontino
e costruiscano significati comuni, che socializzino le competenze ed i
risultati raggiunti.
La frequenza degli scambi e delle transazioni internazionali e la
realtà europea impongono all’avvocato di modificare il proprio linguaggio
e le basi culturali. L’avvocato non solo deve essere in grado di spiegare
ai clienti analogie e differenze giuridiche tra i vari paesi, ma può
giocare un ruolo importante nell’opera creatrice di law making da parte
della Corte comunitaria. I frequenti riferimenti ai “principi comuni
al diritto degli stati membri” rendono infatti il metodo comparativo come
una vera e propria fonte di diritto, indispensabile per l’opera di armonizzazione
e unificazione del diritto dei vari paesi.
PAPARO La storia europea ci dimostra che le epoche più
gloriose della civiltà giuridica sono state caratterizzate dall’incontro
e l’integrazione tra popoli e culture differenti e da una pluralità
di fonti del diritto, e poiché il pluralismo delle fonti esige comparazione
e controllo, acquista un posto di primo piano la creatività
degli operatori del diritto. Il diritto legislativo di fonte statuale ha
ormai molti competitori, ma questo é un fenomeno che non deve
allarmare perché il diritto straniero e la comparazione costituiscono
due dei più importanti strumenti per ottenere l’evoluzione del sistema.
Tanto più quando si ricorre alla comparazione per lo sviluppo di
quei valori e di quei principi che non afferiscono solo ad un singolo ordinamento,
ma ad un insieme di culture giuridiche affini. Significativo il caso dello
sviluppo dei diritti della personalità, o quello della creazione
di una disciplina del commercio internazionale, o ancora la leadership
che nel mondo contemporaneo ha conquistato l’Europa in materia di protezione
transnazionale dei diritti fondamentali. E’ la stessa normativa italiana
a prevedere che nell’interpretazione delle convenzioni internazionali in
vigore per l’Italia si deve tener conto della esigenza della loro “applicazione
uniforme”, imponendo dunque all’interprete di conoscere ed osservare la
prassi applicativa degli altri paesi. La comparazione dunque acquista ben
altro spessore venendo praticamente utilizzata in funzione interpretativa.
Non si tratta più di assorbire norme straniere all’interno di categorie
dogmatiche della nostra cultura giuridica, ma , all’opposto, si utilizzano
i modelli stranieri come strumenti di interpretazione del diritto nazionale.
Se è vero che la funzione giudiziaria, di cui gli avvocati
sono parte integrante, acquista sempre più il ruolo di controllo
del potere politico, e se è vero che la tendenza alla c.d. giustizia
sociale a tutela di diritti disaggregati ci pone sempre più spesso
di fronte a leggi “programmatiche”, le nuove generazioni di avvocati non
potranno più essere semplicemente tecnici neutrali, ma veri e propri
policy-makers, consapevoli dell’impatto economico e culturale che la loro
azione ha sulla società.
LEONARDI La risposta alla domanda che viene formulata si può
rinvenire nelle considerazioni che sono state fatte in precedenza.- La
modifica delle fonti giuridiche che, anche, discende dalla collocazione
del nostro paese all’interno dell’Unione Europea impongono una diversa
formazione ed una specifica padronanza del diritto in vigore in ogni settore
per tutti i professionisti. Altra cosa è invece lo sviluppo dell’attività
professionale nel campo della legge mercatoria e nella produzione di regole
negoziali e di tecniche di risoluzione dei conflitti che riguardano l’ambiente
economico internazionale. E’ un impegno differenziato ed in ogni caso gravoso,
per il quale l’avvocatura italiana si sta attrezzando positivamente.-
DE TILLA La conoscenza delle lingue e del diritto internazionale
e comunitario dovrebbe segnare un ruolo fondamentale nei piani di studi
universitari e nella formazione post-laurea. Il futuro è tutto qui.
Ma non basta averne individuata la necessità. Occorre operare ed
investire consistenti risorse economiche in questa direzione.
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