IL SOFTWARE COME OPERA DELL’INGEGNO
TUTELA DELLA LEGGE SUL DIRITTTO D’AUTORE E TUTELA BREVETTUALE
Di Anna Massimini
La difficile applicazione della legge sul diritto d’autore ad un nuovo
contesto, saturo di tecnologia, dipende dal carattere composito delle opere.
Le condizioni di produzione e distribuzione tipiche dei nuovi media
, la dematerializzazione e delocalizzazione , costituiscono poi un ulteriore
problema: sono gli stessi concetti tradizionali, i cui contorni tendono
a sfumare, a essere messi in discussione. La materia, d’altra parte, coinvolge
trasformazioni che vanno ben oltre il diritto, attraversando un nuovo modo
di percepire la realtà.
Alla crescita esponenziale dell’impiego di mezzi informatici e telematici
nella diffusione della cultura non sempre corrisponde una legislazione
attenta e puntuale. La tutela, pertanto, risulta inadeguata, rendendo improrogabile
la necessità di ripensare tale disciplina dalle fondamenta.
E’ inevitabile il conflitto tra una tradizione giuridica elaborata
per la tutela di oggetti corporali visibili e l’emergere di beni immateriali,
la cui riconduzione alle categorie tradizionali non è affatto scontata.
Ai tradizionali beni materiali, che trasportati sul nuovo medium perdono
la propria materialità , si affianca infatti una categoria di beni
che sono l’estrinsecazione stessa della tecnologia: immagini, suoni, programmi
creati con l’ausilio del computer e qualificati da un dna tecnologico.
Tra questi nuovi beni, ontologicamente informatici, ci soffermeremo
sul software, evidenziando pregi e limiti della tutela predisposta dalla
legge sul diritto d’autore ed ipotizzandone, ove possibile, le alternative.
Prima della definitiva consacrazione nella categoria delle opere dell’ingegno
di carattere creativo, molti furono i tentativi di inquadrare la disciplina
applicabile ai programmi per elaboratore.
Una delle prime sentenze in merito è quella emessa dal Tribunale
di Torino in data 15 luglio 1983, che si riferisce alla speciale categoria
dei videogiochi . La sentenza qualifica questi ultimi come un tipo
particolare di opere cinematografiche e sottolinea come essi possano
essere oggetto della tutela prevista per tali opere dalle norme sul diritto
d'autore. L'opera cinematografica, prosegue infatti la sentenza, è
un genus al quale appartengono non solo i film, ma anche altre forme di
rappresentazione qualunque sia la forma di espressione e la tecnica usata
per realizzarle. Oggetto della tutela prevista dalle norme sul diritto
d'autore non è, dunque, solo l'opera d'arte, bensì l'opera
dell'intelletto o della mente (opera dell'ingegno) che abbia il requisito
oggettivo della novità, originalità e non banalità
(carattere creativo).
Il livello di creatività di un'opera dell'ingegno, d’altra parte,
non deve essere necessariamente elevato. Nel caso dei videogiochi è
sufficiente, ai fini della tutela ex l. 633/1941, che l'autore si sia prodigato
in uno sforzo di capacità professionale e di elaborazione intellettiva
nel disegnare i personaggi, nel trovare una trama, nell'inventare le regole,
nel trasferire il racconto in linguaggio elettronico e nel memorizzarlo
nei circuiti, nel trovare una sintesi tra racconto e descrizione visiva.
Il risultato dello sforzo intellettivo è in questo caso triplice
e unitario: sono nati un programma di gioco, una rappresentazione per immagini
della trama, dei personaggi animati; in definitiva è stato creato,
con l'aiuto della tecnica, un videogioco sfruttabile commercialmente.
Com’era prevedibile, tale sentenza è stata ampiamente discussa,
soprattutto perché escludeva dalla tutela tutto quel software, che
non producesse effetti visivi o sonori .
Il primo riconoscimento di un vero e proprio diritto d'autore sui programmi
per elaboratore si ha con la sentenza della Pretura di Pisa datata 11 aprile
1984, che definisce il programma in questione riconducibile, per il suo
contenuto e le sue finalità, non tanto a un progetto ingegneristico
(sebbene in alcuni tratti possa assumerne la forma, nella quale altri tipi
di programmi possono completamente risolversi), bensì a un'opera,
appartenente latu sensu alle scienze, pur nei limiti di un livello pratico-didattico.
Soltanto nel 1987 il problema è giunto all'esame della Corte
di Cassazione .
Nella motivazione della sentenza sono elencati i requisiti per la riconduzione
del software alla tutela prevista dalla legge sul diritto d’autore: innanzitutto
si deve trattare di un'opera dell'ingegno, quale espressione particolare
di lavoro intellettuale applicato; l’entità prodotta, inoltre, deve
poter sopravvivere all'attività necessaria a produrla ed avere una
sua individualità, utilità e idoneità a essere goduta
da altri; l’opera deve poi avere un merito, sia pure modesto;
l'apporto nuovo, infine, deve riguardare i campi dell'arte e della cultura
indicati dalla legge.
Il software, stabilisce la sentenza, è un'opera dell'ingegno
tutelabile sia civilmente che penalmente sotto il profilo del diritto d'autore,
poiché è inquadrabile nella categoria delle opere che appartengono
alle scienze. L'autore del software produce un risultato creativo dando
apporti nuovi nel campo informatico, esprimendo soluzioni originali ai
problemi di elaborazione dei dati e programmando in modo migliore rispetto
al passato determinati contenuti di idee, seppure in misura appena apprezzabile.
Il “nuovo”, nell'espressione formale di un contenuto ideativo, è
la linea discriminante anche per il software: non sono oggetto di protezione
tutte le attività preparatorie non collegate all'elaborazione della
sintesi creativa e quelle esclusivamente riproduttive di elementi già
noti e sfruttati.
Si giunge, infine, alla direttiva 91/250/CEE, che ha sancito la protezione
del software come opera letteraria ai sensi della Convenzione di Berna
sulla protezione delle opere letterarie ed artistiche ratificata e resa
esecutiva con legge 20 giugno 1978, n. 399"
Il d.lgs. 29 dicembre 1992 n. 518, che ha recepito la direttiva CEE
91/250, ha risolto dunque alla radice il problema della tutela dei programmi
per elaboratore.
Non si possono d’altronde ignorare le profonde differenze esistenti
tra un programma per elaboratore e l’insieme delle opere tradizionalmente
protette dalla legge sul diritto d’autore. Quest’ultima ha come oggetto
la forma espressiva di un'opera originale, mentre la direttiva europea
e, di conseguenza, la legge italiana si è concentrata sul contenuto
dell'opera .
Si tratta dunque di una tutela appropriata? Esiste una disciplina più
adatta ?
Conviene ragionare sulla definizione di opera dell’ingegno ricavata
dalla legge sul diritto d’autore, confrontandola, in particolare, con le
norme sui brevetti industriali.
La definizione data dal diritto d’autore pone l’accento sul carattere
creativo dell’opera, e, pertanto, sullo sforzo di immaginazione che produce
un risultato valutabile secondo canoni artistici. Le leggi a tutela del
brevetto, al contrario, ne considerano l’utilità in quanto frutto
dello sforzo dell’intelligenza umana volto a facilitare un’attività
umana.
Il diritto d'autore tutela l'opera dell'ingegno e il brevetto l'invenzione
industriale; l’uno protegge la forma dell’espressione creativa, l’altro
assicura l'esclusiva sullo sfruttamento del contenuto. Il brevetto è
la forma di tutela accordata dalla legge ad invenzioni o idee creative
che appartengono al campo della tecnica e che consistono nella soluzione
originale di un problema tecnico, suscettibile di pratica applicazione
nel settore della produzione dei beni e dei servizi. Il diritto d’autore,
invece, prescinde dal valore intrinseco delle opere tutelate e dalla loro
utilità.
Le leggi in merito al brevetto sono gli articoli 2585 ss del codice
civile e le norme contenute nella legge speciale, R.D. 29 giugno 1939,
n. 1127 come modificato dal D.P.R. 22 giugno 1979, n. 388.
Per essere soggette alla tutela prevista per il brevetto, le invenzioni
devono soddisfare il requisito della novità (non devono, cioè,
essere comprese nello "stato della tecnica", devono inoltre essere idonee
ad avere un'applicazione industriale, essere lecite ed implicare un'attività
inventiva (originalità).
La sussistenza dei suddetti requisiti viene valutata dall'Ufficio centrale
dei brevetti. Se l'esito del controllo è positivo, quest’ultimo
rilascia il brevetto che, come la legge sul diritto d’autore, tutela sia
il diritto morale che quello patrimoniale.
I programmi per elaboratore contengono aspetti funzionali la cui tutela
potrebbe certamente essere meglio tutelata dalle leggi poste a tutela del
brevetto.
Quest’ultima offre infatti soluzioni più elastiche sia dal punto
di vista della durata , che relativamente alla sua piena utilizzazione.
La decompilazione, ad esempio, posta come eccezione al divieto di modifica
dell’opera sancito dalla legge sul diritto d’autore, è
uno strumento fondamentale per ottenere l’interoperabilità del software:
la tutela brevettuale, richiedendo ai fini della concessione della tutela
una descrizione chiara ed esaustiva dell'invenzione, risulta particolarmente
adatta alla diffusione degli insegnamenti tecnici alla base dei programmi
e ad una loro migliore diffusione.
Un’ideale linea di demarcazione potrebbe rifarsi ad un ipotetico valore
estetico del software che, come aggiunta al carattere di prodotto di una
attività di carattere meramente intellettivo, potrebbe indicare
l’applicazione della legge sul diritto d’autore, anziché
delle norme sul brevetto.
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