RIORGANIZZARE IL SISTEMA
PROFESSIONALE
La difficile transizione delle professioni verso il confronto tra stato
e mercato
di Everardo Minardi
Premessa
Il confronto che in sede parlamentare si sta conducendo sul nuovo
ordinamento delle professioni, nonostante l'autorevolezza dei pronunciamenti
e degli orientamenti in materia, non sembra tradursi in un disegno trasparente
e lineare di riorganizzazione del sistema professionale.
Anzi nel momento stesso in cui si staglia un profilo alto delle
professioni, ed il professionismo - secondo le tesi care a Gian Paolo Prandstraller
- viene a configurarsi come una nuova componente essenziale nella riorganizzazione
delle società post-industriali, il mondo delle professioni sembra
incontrare difficoltà a trovare le ragioni di una cultura comune,
ed a sciogliere i nodi di una pluralità di interessi spesso collidentesi
tra loro.
Tuttavia, il quadro conoscitivo che si può trarre in seguito
alla individuazione del campo composito in cui si muovono vecchi e nuovi
soggetti delle professioni, non inducono a pessimismi irreversibili; anzi
dalle stesse professioni stabilite provengono segni sempre più intensi
di una trasformazione che, mutando le regole e le forme dell'organizzazione
del lavoro e la qualità delle prestazioni, tende ad incidere sempre
più significativamente sull'identità ed il ruolo dei professionisti.
In questa direzione le riflessioni che seguono tendono a muoversi,
offrendo alcuni spunti per una rivisitazione del problema professionale
oggi, anche alla luce dei ripetuti richiami che vengono effettuati o al
ruolo dello stato o a quello del mercato.
1. Professionismo: un processo ancora incompiuto
Anche sulla base di recenti contributi di studio e di ricerca
, possiamo ragionevolmente guardare alla crescita del professionismo come
un fenomeno di crescente rilevanza, ma ancora in larga parte incompiuto.
Infatti, il processo di differenziazione sociale non necessariamente ha
coinciso con un contemporaneo processo di professionalizzazione della struttura
delle occupazioni; né d'altra parte la conoscenza, i processi della
sua produzione e distribuzione hanno ancora complessivamente investito
- tramite le nuove tecnologie - tutte le tradizionali figure professionali.
In altri termini, secondo la nostra ipotesi, non solo tenderebbe
a permanere ed a riprodursi il carattere elitario delle professioni (almeno
per alcune professioni maggiormente organizzate in corpi e sistemi chiusi),
ma risultano ancora del tutto aperti i processi riconducibili a due dimensioni:
? il controllo della conoscenza, inteso non solo come regolazione selettiva
dei suoi accessi, ma anche come definizione degli obiettivi e gestione
della sua produzione;
? il debole ed incerto rapporto con il mercato: proprio in questa direzione
si è identificata una delle chiavi di trasformazione delle professioni
monocratiche che vedono esaurirsi la propria legittimazione in un contesto
dove diminuiscono le capacità di incidenza delle proprie prestazioni
e dove le domande sempre più personalizzate implicano sempre più
pressantemente una sorta di rivoluzione metodologica nell'esercizio dei
tradizionali ruoli professionali.
In alcuni settori produttivi caratterizzati pesantemente dall'innovazione
tecnologica si stanno oggi sviluppando processi di cambiamento che sono
in qualche modo corrispondenti a quelli che hanno fortemente caratterizzato
l'epoca fordista della produzione industriale, attribuendo alla stessa
alcuni elementi che ne hanno connotato immagini e valori sociali. Il sistema
delle telecomunicazioni ad esempio, ma anche quello dei servizi sanitari,
sono interessati da un mutamento strutturale che si manifesta anzitutto
sul piano organizzativo, sostituendo ai tradizionali impianti dell'organizzazione
burocratica, un'organizzazione leggera, per obiettivi; in secondo luogo
il mutamento in atto tende a trasformare in profondità le strutture
occupazionali ed i sistemi professionali (fortemente stratificati e gerarchizzati),
facendo di un insieme di competenze di base il minimo comune denominatore.
Pur nella loro molteplicità e nella segmentazione delle expertise
cui possono dare origine, tali figure possiedono livelli di conoscenza
medio-alti, destinati ad essere permanentemente implementati, unitamente
alle unità organizzative flessibili in cui esplicano la propria
operatività.
In questo contesto si generano famiglie di profili professionali che,
nell'unità dei fondamenti conoscitivi e tecnologici di partenza,
progressivamente si strutturano in veri e propri gruppi professionali che
diventano al tempo stesso comunità di appartenenza e gruppi di interesse.
E' proprio nel processo di formazione e di omogeneizzazione di questi
gruppi che si può cogliere l'influenza dinamica ed aperta dei fattori
della conoscenza e della relazione con il mercato. Ambedue, infatti, sono
fattori in via di strutturazione e di crescita che agiscono sugli attori
in via di professionalizzazione in termini tali da produrre non il risultato
di sistemi professionali chiusi da sanzionare anche sotto il profilo normativo
(così si riprodurrebbero passivamente i tradizionali profili delle
professioni stabilite), quanto piuttosto campi di negoziazione "interni"
ai sistemi di controllo della conoscenza ed "esterni" nei confronti del
mercato dove le professioni ed i gruppi professionali costruiscono le proprie
identità e sviluppano i propri specifici "progetti professionali".
Adottando tale approccio è possibile, a nostro avviso, leggere
i mutamenti in atto, mettendo in evidenza sia gli aspetti positivi correlati
alla crescita del professionismo (l'innalzamento della conoscenza, la diffusione
delle specializzazioni, etc.) sia gli aspetti in un certo senso involutivi
che tale processo può determinare in un sistemi sociali chiusi,
non orientati alla competitività ed al mercato.
2. Le tentazioni neocorporative dei gruppi professionali
La precedente riflessione, nell'indicare nei gruppi professionali
l'elemento di innovazione più significativo riscontrabile nell'ambito
del professionalismo in atto, non elimina tuttavia le professioni stabilite,
tradizionalmente ancorate a sistemi normativi di autoregolamentazione che
contribuiscono a significativamente tutelarli da mutamenti esterni percepiti
come ostili.
Ciò rende necessario perciò un approfondimento
degli elementi che caratterizzano la cultura e l'insediamento sociale dei
nuovi gruppi professionali. In modo particolare diventa importante affrontare
l'analisi degli orientamenti sociali e delle prassi che la formazione dei
"gruppi professionali" contribuisce a strutturare. Si tratta in particolare
di capire se e come i neo gruppi professionali (in quanto sistemi aperti
in via di continua ridefinizione attraverso i processi negoziali verso
le sedi della conoscenza e del mercato) si orientano al sistema sociale
negli stessi termini delle professioni stabilite oppure sono in grado di
innovare il sistema delle relazioni e delle comunicazioni già in
qualche modo riconosciute nel settore.
Il tema non è di poco conto, poiché la genesi dei
gruppi professionali giustificherebbe un'ipotesi di comportamento in un
certo senso rivendicativo di tali gruppi nei confronti di un sistema che
appare caratterizzato o da un eccesso di regolazione normativa (nelle aree
di insediamento delle vecchie professioni) o da un'assenza di regolazione
(nelle aree di esercizio delle nuove professioni); e ciò in contrasto
con un atteggiamento essenzialmente integrativo espresso dalle professioni
tradizionalmente intese.
Si è visto come dalle ricerche emergano indicazioni significative
circa il ruolo che il sistema sociale svolge al fine di dare riconoscimento
e legittimazione sociale alle professioni; di tale legittimazione sociale
i professionisti hanno bisogno in qualche misura per affermare il proprio
primato, il carattere esclusivo delle proprie prestazioni, la sottrazione
al mercato della propria remunerazione, nonché il diritto di accedere
ad un forum riservato per la valutazione dei risultati delle proprie expertises.
La rottura del monopolio della conoscenza e soprattutto la sua
potenziale disseminazione attraverso la mediazione delle nuove tecnologie
sconvolge i percorsi "ereditari" della riproduzione dei professionisti,
così come la ricerca di relazioni con il mercato (dove si delinea
la figura del cliente come portatore di una domanda di consulenza, ma anche
di un interesse economico comparativo) induce l'elaborazione di strategie
di offerta delle proprie prestazioni che rompono la linearità e
l'organicità culturale di "progetto professionale" derivato da un'identità
passivamente acquisita.
La chiave di lettura dei processi in atto in proposito sta forse
proprio nel carattere irrisolto del processo di professionalizzazione,
rispetto al quale il punto di forza rappresentato dal controllo preventivo
della conoscenza e dal carattere istituzionale dei percorsi di accesso
alle professioni si è oggettivamente indebolito, anche per la progressiva
forza rappresentativa e di negoziazione che all'interno dei corpi professionali
hanno acquisito le figure intermedie delle semi professions e delle quasi
professions. Lo sviluppo di una competizione o di una dichiarata conflittualità
dentro le professioni (tipico è il caso delle professioni della
consulenza economica ed aziendale) può avere il duplice effetto
di indebolire i confini del sistema professionale stabilito (rispetto al
quale una legislazione deregolamentativa può affermarsi anche con
una certa rapidità), ma al tempo stesso di richiedere imperativamente
un incremento di tutela e di protezione normativa da parte dello Stato,
da sempre garante delle professioni, contro le delegittimazioni di un mercato
incapace di riconoscere la qualità e quindi il valore dell'agire
professionale.
In ambedue i casi lo sbocco di iniziative (di cui ormai la cronaca
è ricca) intraprese dalle professioni, vecchie e nuove, per affermare
logiche neocorporative, di difesa dei meccanismi di riproduzione delle
stesse e di preservazione della aree di controllo monopolistico delle expertises,
è facilmente rilevabile. Più complessa è forse l'interpretazione
che si può dare delle stesse all'interno di un processo che tende
a mutare strutturalmente identità e culture delle professioni, in
qualche modo superando la segmentazione delle sfere di potere da cui si
sono originate (individuando nella conoscenza e nel mercato i due fattori
capaci di dare una nuova base sociale alle stesse), ma al tempo stesso
differenziando e distribuendo i profili operativi all'interno di una pluralità
di contesti organizzativi ed istituzionali a cui l'agire professionale
ormai inscindibilmente si connette.
In questa direzione si rende necessaria un'azione di ricerca
che si proponga di affrontare l'analisi delle professioni e dei gruppi
professionali (la loro identità, cultura, il loro progetto) a partire
dalle configurazioni pratiche che dell'agire professionale danno i sistemi
organizzativi ed istituzionali che tendono ad accentuare le domande di
expertise (si ricordi come una situazione esemplare la domanda diffusa
di qualità dei servizi sociali e sanitari che attiene non alle attività
dei singoli professionisti, ma all'insieme dei rapporti tra organizzazione
di assistenza e cura ed i cittadini fruitori delle attività), attivando
un nuovo ed incisivo processo di legittimazione sociale delle professioni.
3. Tra stato e mercato: la ricerca di un nuovo ordinamento delle
professioni
Le innovazioni introdotte sia a livello di Unione europea che
al livello nazionale (progetto Mirone) possono contribuire ad accelerare
o comunque ad orientare i processi in atto.
In direzione di una rinnovata attenzione dello Stato nei confronti
delle professioni si muovono sia le professioni stabilite, che richiedono
la salvaguardia delle posizioni dominanti attualmente detenute, sia l'insieme
composito ma consistente delle "nuove professioni" che aspirano ad un riconoscimento
normativo come condizione per l'esercizio dell'attività professionale
anche in direzione di un mercato - a cominciare da quello del lavoro -
fortemente condizionato da vincoli, quali il valore legale dei titoli di
studio e l'abilitazione all'esercizio dell'attività.
Agiscono in tale senso, rinforzandone gli effetti, elementi quali
la precarietà e la segmentazione dei profili e la loro scarsa visibilità,
l'incertezza dei "progetti professionali" (anche in relazione alla conflittualità
interna ad alcuni gruppi professionali), il processo ancora in divenire
della formazione di "gruppi professionali" in quanto sistemi di relazioni
tra attori orientati all'elaborazione di una cultura condivisa ed all'individuazione
di interessi comuni.
Sotto questo profilo l'itinerario della costruzione di una propria
identità professionale da parte dei sociologi può divenire
esemplare, anche per le difficoltà che la richiesta di legittimazione
del profilo incontra all'interno di un'area disciplinare dove appare di
difficile maturazione l'elaborazione di una cultura di comunità
scientifica e professionale.
Rimane inoltre sullo sfondo, senza assumere la rilevanza che
meriterebbe la riflessione sulla dimensione etica e deontologica delle
professioni. Il tema sembra in un certo senso assente nell'area di formazione
dei gruppi professionali; o per lo meno il ricorso al codice deontologico
sembra assumere significato all'interno di una considerazione funzionalistica
della professione e dei legami interni al sistema o al gruppo professionale.
Il deficit di riflessività all'interno delle espressioni
tradizionali o innovative delle professioni non gioca a favore del loro
sviluppo, ma le indebolisce, le priva della capacità di elaborare,
sperimentare ed implementare le strategie di relazione e di comunicazione
con la realtà esterna, a cominciare dal mercato. Negli anni 80 la
crisi della riflessività era stata diagnosticata come uno dei fattori
invalidanti la professionalizzazione degli operatori del Social Work, fino
al punto da prospettare (anche nel dibattito internazionale) la loro progressiva
scomparsa. Di certo non è seguita una loro spiccata affermazione,
nonostante la regolazione accademica del percorso formativo. Con ciò
testimoniando ancora una volta che l'incremento della funzione regolativa
dello Stato non scioglie i nodi interni alla professionalizzazione, soprattutto
in riferimento alle nuove professioni, che più di altri hanno necessità
di costantemente ridefinire i fattori della loro valorizzazione.
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